Metti un pisano in un giorno di pioggia

Il cielo stava passando dal grigio chiaro al nero scuro, che manco l'arrivo del nulla nella Storia Infinita. E io decido che è il momento migliore per portare i rifiuti alla stazione ecologica. A piedi, of course!
Forse speravo di imbattermi in un bambino dai capelli blu accompagnato da un gatto parlante obeso, non so.



Comunque sono felice di averlo fatto perché in soli 15 minuti ho avuto modo, ancora una volta, di convincermi di quanto i miei concittadini pisani siano premurosi, attenti alle esigenze dei turisti e particolarmente ferrati nelle tecniche di comunicazione verbale e non.

Dicevo.

Appena chiuso il portone inizia a piovere con una certa discrezione e dopo soli 100 metri l'ira divina si scatena su Pisa.
Il temporale scema e io medito sulla comunicazione dei pisani
Secchiate e secchiate d'acqua lanciate con un ventilatore acceso dietro. Menomale ero arrivata alla stazione ecologica, peccato però che l'apertura era sul lato sbagliato. Decido che è comunque più saggio aspettare.

E come me molti altri. Del resto l'operatore ecologico di turno, invitava un po' tutti quelli che passavano. (Chiaro segno dello spirito di accoglienza che ci contraddistingue).

E così ci siamo trovati in 7: un'accozzaglia di gente che solo a Pisa d'aprile...

Un signore elegantissimo in giacca e cravatta con un accento e una verve che nemmeno ir mi' nonno, accompagnato da un ragazzo con aria irritata e kway del Pisa Calcio (che se 'un ce l'aveva si bagnava forse meno).
Un signore giapponese tutto compunto che diceva 3 parole in italiano e 2 in inglese (e non si capiva niente in nessun caso).
Una ragazza - sempre giapponese - che invece chiacchierava in inglese come una macchinetta e continuava a ridere guardando l'ombrello che le si era troncato in testa.
Da ultima ci ha raggiunto una povera giovane turista che aveva ben deciso di attraversare il ponte per essere sicura di prendere più secchiate d'acqua possibile contemporaneamente.

L'operatore ecologico faceva del suo meglio per metterci tutti a nostro agio, in particolare cercava di comunicare col signore giapponese con frasi classiche tipo du iu spich italian?. Domande retoriche, ovviamente: solo un prologo cortese a una una qualche battuta in pisano stretto.

Devo però dire che le formule di cortesia non finivano lì. Infatti la frase in italiano veniva pronunciata con parecchi decibel in più. Infatti da queste parti tutti sanno che le difficoltà di comunicazione linguistica si appianano urlando. Se strilli, è risaputo, ti comprendono tutti. Almeno così mi ha insegnato il mi' nonno.
Oh, sarà anche strano, ma col signore giapponese ha funzionato: continuava a sorridere e piegare la testa in segno di riconoscimento!

La vera perla è però arrivata sul finale. La studentessa giapponese mi faceva vedere che il suo ombrello si era rotto e il signore ben vestito non ha potuto esimersi dal dire, pardon urlare, la sua opinione:

bimba, è inutile che ti lamenti. So' i tu' cugini che fanno gli ombrelli collo sputo. 'Un è mi'a corpa mia!

E su questa perla di amore e accoglienza universale, la ragazza ha sorriso e annuito, il signore è rimasto soddisfatto e il temporale si è placato. Tutti felici, no?

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